Disturbi dell'alimentazione
Disturbi dell'alimentazione
Questi disturbi, indicati in precedenza come disturbi alla condotta alimentare, sono accomunati dalla presenza di un comportamento alimentare alterato che si traduce in una persistente restrizione alimentare o in ricorrenti abbuffate (cui possono essere associati vomito autoinvito o eccessiva assunzione di lassativi), o ancora ingestione di sostanze non commestibili o ripetuto rigurgito di cibo.
Epidemiologia
Questi disturbi sono in progressivo aumento nei paesi industrializzati. In Italia ne è interessata il 2,2-3,3% della popolazione; in particolare l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa colpiscono rispettivamente 4/8 persone e 9/12 persone ogni 100.000 abitanti con un’età media di 17 anni
Classificazione
I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione comprendono una serie di disturbi: la pica (ingestione persistente di sostanze non commestibili), il disturbo di ruminazione (ripetuto rigurgito di cibo), il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo, l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa, il disturbo da binge-eating.
Clinica
Vorremmo segnalare in particolare:
- il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo è caratterizzato da una restrizione o evitamento tale da determinare un apporto insufficiente di cibo e da produrre una perdita espressiva di peso, una dipendenza parentale per l’alimentazione e una marcata interferenza con il funzionamento psicosociale;
- nel disturbo dell’anoressia nervosa le caratteristiche sono relative a una persistente riduzione dell’apporto calorico, alla paura di aumentare di peso ed una significativa alterazione della percezione del proprio corpo in relazione alle sue forme e al peso. I livelli di autostima, inoltre, sono strettamente dipendenti dal peso e dalla forma del corpo;
- il disturbo della bulimia nervosa è caratterizzato da ricorrenti abbuffate e condotta volte a controllare il peso corporeo. Altri criteri sono la sensazione di perdita di controllo della condotta alimentare durante le abbuffate ed il protrarre il comportamento per un certo lasso temporale (es. due ore); oltre a quanto scritto sopra, i livelli di autostima sono indebitamente dipendenti dal peso e dalla forma del corpo;
- il disturbo da binge-eating (disturbo da alimentazione incontrollata) presenta, come la bulimia nervosa, ricorrenti abbuffate, le sensazione di perdita di controllo della condotta alimentare e la durata di almeno due ore del comportamento. Ciò che lo distingue dalla bulimia nervosa è che, in quest’ultimo caso, non sono presenti le condotte compensatorie volte a controllare il peso corporeo (DSM-5, 2014).
Eziologia e fisiopatogenesi
Per quanto riguarda l’eziologia dei disturbi alimentari, non è possibile evidenziare una causa univoca, ma ci si deve avvalere di un modello causale multifattoriale biopsicosociale, secondo il quale ci sono una varietà di fattori che concorrono in varia misura all’insorgere e al perdurare di tali disturbi. Tra questi: una vulnerabilità psicologica, l’età, le caratteristiche familiari, le caratteristiche socio-culturali dell’ambiente nel quale si vive.
Criteri diagnostici
Per effettuar la diagnosi di disturbo della nutrizione e dell’alimentazione devono essere soddisfatti alcuni criteri che riguardano: la frequenza settimanale dei comportamenti alimentari alterati, la loro persistenza nel tempo (almeno 3 mesi). Inoltre, i disturbi devono causare un disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
Principi di trattamento
Il trattamento di questi soggetti necessita il più delle volte di un approccio integrato e multidisciplinare, che riguarda tre ambiti: salute fisica e nutrizionale, condizioni psicologiche, condizioni psichiatriche, sebbene in misura diversa per le specifiche diagnosi e i diversi decorsi a queste correlati (Donini et al., 2010).
Il progetto terapeutico deve essere personalizzato in funzione della diagnosi, della gravità del disturbo e dell’età del soggetto.
Gli interventi spaziano dal trattamento ambulatoriale, al day-hospital, all’intervento, all’intervento in strutture semiresidenziali o in comunità terapeutico-riabilitative, al ricovero ospedaliero.
Indicazioni cliniche
L’ipnosi ericksoniana è utilizzata nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione. I meccanismi mentali di attenzione e percezione di questi pazienti e la sottostante struttura di personalità possono ottenere con l’ipnosi vie privilegiate di accesso verso il funzionamento inconscio della mente (Trasarti Sponti et al., 2007).
Il tema del controllo, dell’esercizio della propria volontà, è spesso un tema centrale nei pazienti che presentano disturbi dell’alimentazione. In ipnosi, una delle esperienze che si possono fare è proprio quella di percepire la propria risposta come involontaria e automatica.
La teoria del “controllo dissociato” spiega questo fenomeno ipotizzando l’esistenza di un meccanismo dissociativo. Il meccanismo dissociativo chiarisce anche molte caratteristiche del funzionamento dei disturbi dell’alimentazione ed è su queste che può far leva in senso terapeutico l’ipnosi. Inoltre, negli episodi di abbuffate si possono identificare dei sintomi dissociativi, delle trance spontanee che possono cambiare la percezione di sé e dell’ambiente, la percezione del fluire temporale. Sia prima che durante l’abbuffata è possibile esperire un senso di depersonalizzazione e di derealizzazione, così come è possibile che si presenti un’amnesia di parti o dell’intero episodio di abbuffata (Casilli, Del Castello, 2005).
Vanderlinden et al. (1995) hanno mostrato come la presenza di meccanismi dissociativi in un campione di pazienti con disturbi del comportamento alimentare sia correlato a un più alto livello di ipnotizzabilità.
Tecniche ipnotiche
Nell’ottica della ipnositerapia ericksoniana, centrata sulla persona e sulle sue caratteristiche, si lavora per modificare le percezione del problema e per destrutturare gli schemi abituali di risposta, attraverso l’impiego delle risorse della persona.
Compito del terapeuta è di attivare l’inconscio perché il paziente possa trovare le proprie risorse per risolvere il problema (Loriedo, 2006) aumentando così la soddisfazione, il senso di autoefficacia e la capacità di attivare le proprie risorse nella vita quotidiana.
L’ipnoterapia quindi non è un intervento focalizzato esclusivamente sull’alimentazione, ma costituisce un’occasione di crescita personale fondata sull’integrazione delle parti di sé dissociate se la riscoperta di una capacità di controllo non cosciente del proprio comportamento (Casilli, Del Castello, 2005).
Risultati clinici
Diversi studi mostrano prove di efficacia riguardo all’utilizzo dell’ipnosi sia nell’ambito dell’anoressia nervosa che in quello della bulimia nervosa. Per quanto riguarda l’anoressia nervosa, si è visto come le induzioni ipnotiche centrate sul cambiamento della rappresentazione mentale della propria immagine corporea possano portare a un miglioramento del peso corporeo, un aumento dell’indice di massa corporeo, e soprattutto a un miglioramento nell’autostima e nella fiducia riguardo al fisico. Il cambiamento dell’indice corporea porta a una migliore integrazione e a un maturo senso di identità personale che fa percepire una maggiore padronanza e autocontrollo.
Nel caso della bulimia nervosa si è visto come uso dell’ipnosi associato a interventi di tipo comportamentale porti a un miglioramento significativo della sintomatologia bulimica nel breve e nel lungo termine, dell’atteggiamento nei confronti del cibo, della preoccupazione verso il peso corporeo e verso l’aspetto fisico.
Inoltre, si è rivelato utile un approccio sistemico che integri la psicoterapia familiare con l’intervento ipnoterapeutico.
I vari studi indicano come l’ipnosi e i processi correlati possono essere di grande efficacia in una più adeguata autoregolazione del comportamento alimentare.
L’ipnosi potenzia le motivazioni al cambiamento, depotenziando i condizionamenti esperienziali e aiutando la ristrutturazione di una nuova e diversa immagine corporea.
Controindicazioni, precauzioni e profilo di sicurezza
La letteratura scientifica non sembra riportare dati che indichino controindicazioni nell’uso dell’ipnosi nel trattamento dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Vorremmo sottolineare che questi disturbi clinici, proprio per la loro complessità, spesso richiedono interventi integrati (psicoterapia individuale, psicoterapia familiare, interventi residenziali, ricoveri, ecc.).
Considerazioni conclusive sull’ipnosi nei disturbi dell'alimentazione
Livello di efficacia dell’ipnosi (evidence based): la ricerca sull’efficacia dell’ipnosi nel trattamento dei disturbi alimentari ha prodotto risultati differenziati. Questa risulta essere buona nel caso della bulimia nervosa; modesta nel caso dell’anoressia nervosa.
Inoltre, la valutazione dell’efficacia è resa più difficile da limitazioni metodologiche, in quanto molti degli studi esistenti si riferiscono ad interventi con casi singoli o con piccoli campioni di soggetti, o on forniscono informazioni sufficienti in merito alla specificità dell’intervento ipnotico e ciò preclude l’attuazione clinica e la replicazione.