Disturbi da traumi e stress
disturbi da traumi e stress
Le conseguente dell’esposizione a traumi o eventi stressanti sono variabili. Non sono i fatti in sé ad avere degli effetti negativi, quanto piuttosto la percezione soggettiva che l’individuo ne raccoglie. In molti casi, si hanno sintomi che rientrano nell’ambito della paura e dell’ansia; tuttavia, molti individui evidenziano alterazioni dell’umore (anedonia, disforia, ecc.), manifestano comportamenti legati alla rabbia o presentano episodi dissociativi.
Epidemiologia
Secondo le classifiche disponibili al 2006 (Lombardelli et al., 2006), la prevalenza del disturbo post traumatico da stress va dall’1% al 9%, e raggiunge, in alcuni sottogruppi particolarmente esposti a traumi, il 60%; il PTSD si manifesta soprattutto nel sesso femminile. Mediamente ogni persona sembra essere esposta a 4,8 traumi nel corso della vita.
Esiste un’ampia letteratura che documenta la frequenza di PTSD in vittime di vari tipi di esperienze traumatiche. Nelle vittime di eventi particolarmente gravi, come guerre, deportazioni o stupri, la prevalenza del disturbo è molto alta e varia dal 40% al 70%.
Classificazione
Il DSM-5 (2014) elenca i seguenti disturbi (ne indichiamo alcuni):
- disturbo reattivo dell’attaccamento;
- disturbo da impegno sociale disinibito;
- disturbo post-traumatico da stress (PTSD, post-traumatic stress disorder);
- disturbo da stress acuto;
- disturbo dell’adattamento;
Clinica
Disturbo reattivo dell’attaccamento: si evidenzia un comportamento inibito ed emozionalmente ritirato nei confronti degli adulti, un comportamento sociale ed emozionale disturbato e una storia di grave carenza di cure.
Disturbo da impegno sociale disinibito: consiste in uno schema di comportamento per cui il “bambino approccia attivamente e interagisce con adulti sconosciuti”, in modo eccessivamente familiare rispetto all’età e ai confini sociali, non rispondendo al controllo a distanza da parte del caregiver e allontanandosi da esso con l’adulto sconosciuto senza esitazione.
Disturbo post traumatico da stress: è un quadro di forti sofferenze psicologiche che seguono eventi traumatici, catastrofici o violenti: lutti improvvisi, eventi naturali, incidenti stradali, abusi sessuali, atti di violenza subiti o di si è stati testimoni, attentati, azioni belliche, ecc. I sintomi più frequenti del disturbo sono il flashback (visioni improvvise di immagini legate all’evento), uno stato di coscienza simile a stordimento e confusione, l’evitamento di elementi che ricordino in qualche modo il trauma, gli incubi e l’iperattivazione.
Disturbo da stress acuto. I criteri diagnostici riguardano l’esposizione a morte reale o minacciata, ferite gravi o violenza sessuale e sintomi quali: intrusione ripetitiva di memorie dell’evento traumatico, sogni ripetuti collegati all’evento, reazioni dissociative, intenso e prolungato stress psicologico, umore negativo, evitamento, iperattivazione, disturbi del sonno, comportamento aggressivo, ipervigilanza, ecc. Il disturbo si distingue dal disturbo dell’adattamento per la gravità dell’evento traumatico, e del disturbo post-traumatico per la durata: quest’ultimo si diagnostica infatti se i sintomi si prolungano oltre un mese.
Disturbo dell’adattamento: comprende lo sviluppo di sintomi emozionali o comportamentali entro tre mesi a partire da un evento stressante identificabile. I sintomi sono sproporzionati all’entità dell’evento, considerando anche i fattori ambientali e culturali, e provocano compromissione del funzionamento in qualche importante ambito di vita.
Eziologia e fisiopatogenesi
Disturbo reattivo dell’attaccamento: il bambino ha sviluppato un pattern di cure estreme o insufficienti, neglect sociale o deprivazione in forma di frustrazione persistente di bisogni emotivi basilari di comfort, stimolazione e affetto da parte degli adulti, a causa di ripetuti cambi di caregiver primari (ad es. frequenti cambiamenti di affido) o crescita in contesti insoliti che hanno limitato in maniera grave le opportunità di formare attaccamenti selettivi (ad es. istituzioni con elevato rapporto tra numero di bambini e di caregiver).
Disturbo da impegno sociale disinibito: come sopra, una storia di insufficienza estrema delle cure da parte di adulti: trascuratezza, deprivazione sociale, frustrazione di bisogni emotivi di stimolazione, conforto e affetto.
Disturbo post-traumatico da stress: alta reattività psicologica, o scarsa resilienza, rispetto all’azione stressante di eventi traumatici, catastrofici o violenti (lutti improvvisi, eventi naturali, incidenti stradali, abusi sessuali, atti di violenza subiti o di cui si è stati testimoni, attentati, azioni belliche, ecc.).
Disturbo da stress acuto: esposizione a morte reale o minacciata, ferite gravi o violenza sessuale.
Criteri diagnostici
Disturbo reattivo all’attaccamento: comportamento inibito, emotivamente ritirato verso gli adulti; il bambino non cerca conforto (o non risponde ad esso), oppure lo fa in misura minima, in situazioni di bisogno; ha una scarsa reattività sociale ed emotiva verso gli altri, manifesta di rado o limitatamente emozioni positive e va soggetto ad episodi di inspiegabile irritabilità, tristezza o paura che sono evidenti anche durante interazioni non minacciose con i caregiver adulti. Per la diagnosi, il bambino deve avere un’età di almeno 9 mesi e il disturbo deve essere presente per più di 12 mesi. Necessaria la diagnosi differenziale con disturbi dello spettro acustico.
Disturbo da impegno sociale disinibito: scarsissima reticenza nell’interagire con adulti sconosciuti, comportamento eccessivamente familiare e non in accordo con i confini sociali appropriati in base alla cultura di appartenenza e in base all’età, scarso o assente controllo a distanza da parte del caregiver, disponibilità ad allontanarsi da esso con un adulto sconosciuto con minima o nessuna esitazione.
Disturbo post traumatico da stress: forti sofferenze psicologiche che seguono eventi traumatici, catastrofici o violenti; sintomi frequenti: flashback, stordimento e confusione, evitamento, incubi e iperattivazione.
Disturbo da stress acuto: flashback dell’evento traumatico; sogni ripetuti collegati all’evento; reazioni dissociative; intenso e prolungato stress psicologico; umore negativo; evitamento; iperattivazione; disturbi del sonno; comportamento aggressivo; ipervigilanza.
Disturbo dell’adattamento: sintomi emozionali o comportamentali entro tre mesi a partire da un evento stressante identificabile.
Principi di trattamento
I disturbi correlati a traumi e fattori di stress possono beneficiare di interventi di varia natura, anche in sinergia: psicoterapia ipnotica, psicoterapia cognitivo comportamentale, psicoanalisi, psicoterapia relazionale e familiare, psicoterapia psicosomatica, farmaco-terapia, training autogeno, tecniche di rilassamento.
Indicazioni cliniche
L’ipnosi può essere utilmente utilizzata si tutti i disturbi correlati a traumi e fattori di stress, secondo modalità specifiche per ogni disturbo. Nel caso di quadri clinici legati a storie di neglect e deprivazione farà, ad esempio, maggior uso di tecniche immaginative e di consapevolezza emotiva, mentre nel caso del PTSD o del disturbo da stress acuto si concentrerà sul rilassamento, sull’abbassamento dell’attivazione psico-fisiologica e sullo sviluppo di reazioni corporee e comportamenti “condizionati”.
Tecniche ipnotiche
La psicoterapia ericksoniana può intervenire su questi quadri clinici su più fronti. In primo luogo, lavora sui livelli di ansia e sull’attivazione psico-fisiologica, tramite rilassamento e tecniche immaginative; parallelamente, indaga su eventuali convinzioni disfunzionali che possono essere alla base di eventuali complessi di colpa (in caso di disturbo post-traumatico da stress o disturbo da stress acuto); può avvalersi dell’ipnosi per rievocare, seppure in modo graduale e attento, gli eventi traumatici in modo da estrarne, in modo controllato e il più possibile completo, l’attivazione e la carica emozionale il cui mantenimento è all’origine del disturbo. Inoltre, individua e corregge eventuali comportamenti che tendono a mantenere il quadro. I pazienti che presentano sintomi post traumatici risultano maggiormente ipotizzabili di soggetti normali e di soggetti con altre condizioni cliniche, e questo li rende particolarmente adatti al trattamento ipnotico.
Le procedure ipnotiche sono state tradizionalmente utilizzate per i sintomi classici del PTSD (ad esempio, l’uso del rilassamento per contrastare l’iperattivazione), ma anche per i sintomi dissociativi, per i sogni postraumatici e per il dolore.
Per quanto riguarda l’uso delle tecniche ipnotiche nel disturbo reattivo dell’attaccamento e nel disturbo da impegno sociale disinibito, dobbiamo ricordare che entrambi questi disturbi presentano un’eziologia connessa alle relazione con i caregiver e con le qualità dell’attaccamento. È sulla capacità di sentire le proprie e le altrui emozioni e di comunicarle adeguatamente, e sulla qualità delle relazioni (tra cui, in senso terapeutico, quella con l’ipnotista), che si dovrà concentrare l’intervento. Particolare attenzione sarà quindi posta alla creazione e al mantenimento di una buona alleanza terapeutica.
Risultati clinici
Diversi studi indicano l’utilità dell’ipnosi per i disturbi trauma-correlati su vittime di violenza sessuale e stupro, di incidenti automobilistici, sui sopravvissuti ai campi di concentramento e in caso di anestesia inefficace. Altri studi indicano l’efficacia potenziale di tecniche ipnotiche su pazienti con PTSD in gruppi culturali diversi e illustrano l’applicazione di tali tecniche sui bambini.
Alcuni autori hanno messo in evidenza che l’effetto del trattamento ipnotico sul PTSD è particolarmente visibile dopo la conclusione della terapia, e ciò sembra indicarne l’efficacia a lungo termine.
Inoltre le tecniche ipnotiche, opportunamente usate, possono facilitare una rielaborazione complessa delle esperienze traumatiche: è abbastanza comune che vittime di traumi abbiano difficoltà a richiamare e integrare tutti gli aspetti dell’evento, soprattutto sul versante emozionale; alterazioni della coscienza durante il trauma, come il restringimento del focus dell’attenzione, le modifiche nella percezione del tempo e la depersonalizzazione, sono simili agli effetti della trance ipnotica e quindi, tramite la “dipendenza dello stato” della memoria (secondo cui è più facile rievocare ricordi se ci si trova nello stesso stato di coscienza con cui si è assistito agli eventi), la trance ipnotica può rivelarsi particolarmente efficace nel richiamare i ricordi traumatici, fatto che permette di inserirli in un quadro integrato e completo che ne permette la giusta elaborazione
Controindicazioni, precauzioni e profilo di sicurezza
La letteratura scientifica non sembra riportare controindicazioni sull’uso dell’ipnosi nel trattamento dei disturbi correlati a traumi e a fattori di stress. Eventuali precauzioni possono riguardare la rievocazione delle memorie dolorose, che deve essere messa in atto con attenzione e gradualità, seguendo i tempi del soggetto. Un articolo del 2013, basandosi su studi di esito controllati, descrive l’ipnosi come metodo efficace per affrontare e ridurre ansia e dolore durante i trattamenti odontoiatrici e procedure mediche invasive e anche in caso di ustioni su bambini; l’ipnosi clinica risulta essere uno strumento “utile, economico e privo di effetti collaterali per gestire la paura, il dolore e diversi tipi di esperienze stressanti nella popolazione pediatrica” (Adinolfi, Gava, 2013).
Conclusioni sull’ipnosi nel trattamento dei disturbi da traumi e stress
Livello di efficacia dell’ipnosi (evidence based): non esiste un numero consistente di studi controllati e di meta-analisi sull’applicazione dell’ipnosi a questi disturbi; tuttavia, studi non controllati o aneddotici suggeriscono un’elevata efficacia.